Cinque tesi sul Family Day (di Rocco Buttiglione)
1. Con il family day un nuovo protagonista si affaccia sulla scena pubblica italiana. Si tratta dei movimenti che hanno organizzato la manifestazione. Il Cammino Neocatecumenale ha portato in piazza probabilmente da due a trecentomila persone, il Rinnovamento nello Spirito Santo forse altrettanti, Comunione e Liberazione tantissimi e così la Comunità di S. Egidio e via via tutte le organizzazioni e movimenti (21) presenti su quella piazza. Il giorno dopo mi sarei aspettato di vedere sui giornali un fiorire di interviste a Kiko Arguello, a Salvatore Martinez, a Giancarlo Cesana (le guide dei movimenti). Niente: il tema era chi potesse in qualche modo erigersi a rappresentante e portavoce della piazza come se la manifestazione non fosse stata fatta proprio perché quella piazza voleva parlare in proprio ed i suoi portavoce non se li fosse scelti: Savino Pezzotta ed Eugenia Roccella.
Il fatto è proprio questo: è cresciuta nella società italiana una rete di presenze cristiane postmoderne. Non è un residuo del vecchio cattolicesimo rurale premoderno, una volta maggioritario ma comunque destinato ad essere travolto dalla modernizzazione. Tutti questi movimenti nascono nella modernizzazione, come risposta alla alienazione ed alla anomia di cui la modernizzazione è portatrice. La fede ha dato senso, gioia e forza alla esistenza di queste donne e di questi uomini. Sono uomini di questo mondo e sanno di svolgere funzioni sociali fondamentali. Li troviamo nel volontariato, nella impresa etica, in tutti i settori e le funzioni della società. Si sono innamorati, hanno creduto all’amore, si sono sposati e lavorano duramente per i loro figli e le loro famiglie. Adesso scoprono che la famiglia è il vero soggetto oppresso della nostra società. E’ oppresso economicamente ed è oppresso culturalmente. La società va avanti per il lavoro ed i sacrifici delle famiglie ma il potere dei media e della politica protegge stili di vita edonistici, narcisistici ed egoistici che pretendono molto e non danno nulla.
Era inevitabile che i nuovi movimenti incrociassero la politica e questo è avvenuto in piazza S. Giovanni.
2. Questi movimenti sono ecclesiali e non politici. Spesso gli aderenti disprezzano la politica e la considerano una cosa sporca. Nessuno sa esattamente cosa votino i singoli membri anche se è verosimile pensare che la scelta della sinistra a favore del relativismo etico diminuisca le simpatie di cui essa può disporre in questa area. La reazione di Rifondazione Comunista con il titolo del quotidiano di partito Liberazione “Famiglia Assassina” certo approfondisce questa tendenza. Sarebbe tuttavia sbagliato per una qualsiasi forza politica immaginare di controllare o potere strumentalizzare i movimenti. Occorre piuttosto ascoltare le loro rivendicazioni ed, al di là di esse, fare attenzione alla novità culturale ed antropologica che rappresentano. L’Italia ha bisogno di una profonda riforma intellettuale e morale. La politica ha bisogno di una grande riforma intellettuale e morale. Lì c’è una riserva enorme di energie per questa riforma. Se questa gente arriverà ad investire in politica il suo entusiasmo e la sua energia di vita possono salvare il paese. Loro non possono in astratto rifiutare l’ipotesi. In fondo Paolo VI ha detto che la politica è (dovrebbe essere) una forma particolarmente alta di esercizio della carità. In concreto bisogna costruire percorsi puliti, credibili, capaci di alimentare un nuovo impegno per il bene comune. Bisogna trovare un modo per fare politica senza dannarsi l’anima, cioè senza diventare uomini peggiori, più egoisti e cattivi ma anzi mantenendo quel gusto della vita che l’incontro con la fede nei movimenti ha generato.
3. Il cattolicesimo democratico è finito. Dicesi cattolicesimo democratico, secondo la definizione di Gramsci, l’insieme dei movimenti che nascono per superare la contraddizione fra cattolicesimo e democrazia. Tali movimenti hanno il compito di condurre i cattolici alla democrazia e, una volta compiuto questo compito, devono suicidarsi. L’avversario principe del cattolico democratico è il cattolico integralista, cioè il cattolico nostalgico del passato che non comprende la necessità per il cattolico di accettare le forme della vita moderna e di dissolversi in esse, mantenendo al più una fede del tutto privata. La costituzione del Partito Democratico segna il trionfo e la fine del cattolicesimo democratico. La società è cambiata ed al vecchio laicismo, con il quale era possibile un accordo fondato sul riconoscimento comune del diritto naturale, subentra come avversario il relativismo etico che dissolve l’insieme dei valori naturali che tengono insieme la vita del popolo.
In risposta a questa sfida sta nascendo un’altra forma di presenza dei cattolici nella società con effetti inevitabili anche se ancora imprevedibili sulla politica.
4. Non è un caso che i movimenti incrocino la politica proprio sul tema della famiglia. Il cattolicesimo di sinistra ha molto insistito sul tema della scelta preferenziale a favore dei poveri. I poveri erano allora gli operai organizzati prevalentemente dal Partito Comunista. Essere vicini ai comunisti era visto da molti come una specie di risarcimento per le incomprensioni, i ritardi ed anche i tradimenti della Chiesa verso la classe operaia. In una fase le ACLI giunsero addirittura a mettere sullo stesso piano la fedeltà alla Chiesa e la fedeltà alla classe operaia.
Oggi la società è profondamente cambiata, il comunismo è crollato sotto il peso delle sue ingiustizie e del suo disprezzo per la dignità della persona umana e anche la classe operaia è stata travolta dal mutamento sociale. La crisi della sinistra in tutta Europa nasce prima di tutto dalla perdita del solido referente sociale che per essa aveva rappresentato la classe operaia.
Se ci domandiamo oggi chi sono i poveri l’ISTAT ci da una risposta abbastanza univoca: nella nostra società i poveri sono le famiglie. Naturalmente questo non vuol dire che tutte le famiglie siano povere ma a parità di reddito percepito il reddito disponibile di chi non ha famiglia è assai più elevato di quello di chi ha famiglia perché i figli costano ed i costi della generazione ed educazione dei figli li pagano solo le famiglie. I benefici che derivano dall’esistenza in vita della nuova generazione (per esempio le pensioni pagate con le tasse ed i contributi dei lavoratori attivi) sono per tutti ma i costi sono solo a carico delle famiglie. E’ una situazione che richiama molto da vicino quella del proletariato negli anni della rivoluzione industriale descritta da Marx. I poveri finanziano gli stili di vita dei ricchi. E’ per questo che i poveri non votano più a sinistra. E’ per questo che la questione delle famiglie non è una questione marginale, quasi di beneficenza a favore dei poveri, ma vera e fondamentale questione sociale. Sulla questione delle famiglie si può forse iniziare quella contestazione della società capitalistica e dei consumi a cui Benedetto XVI chiama nei suoi discorsi brasiliani. Una contestazione che non mette in questione i valori positivi del mercato ma la loro degenerazione. Si può costruire su questo una proposta politica complessiva, nazionale ed europea?
5. La folla di S. Giovanni è una folla di laici, ed in più di uno dei sensi di questa parola.
In primo luogo non sono preti. Certo: se i vescovi non avessero dato un chiaro cenno di simpatia la manifestazione non si sarebbe fatta. Tuttavia i movimenti che hanno portato la gente sono laici, fatti da laici che si sono presi fino in fondo le loro responsabilità nella evangelizzazione e anche nella presenza sociale.
In un secondo senso sono laici nel senso che non sono farisei. Vivono nel mondo di oggi, hanno amiche ed amici che sono separati, divorziati, omosessuali, non credenti. Non dicono a nessuno “sei un peccatore quindi sei fuori della Chiesa” (a questa tentazione cedono piuttosto alcuni “cattolici democratici”). Puoi affermare un valore anche se non riesci a praticarlo compiutamente. Anzi: affermiamo i valori anche se sappiamo di essere tutti peccatori ed inadeguati rispetto al valore che pure portiamo nella nostra carne. Particolarmente commovente è stata la testimonianza dal palco di un giovane padre divorziato.
In un terzo senso la manifestazione era laica perché difendeva non il sacramento del matrimonio ma la funzione sociale laica della famiglia, che è quella di generare ed educare i bambini e costruire vincoli di solidarietà dentro una generazione e fra le generazioni. Difendiamo anche le famiglie dei divorziati, quelle che sono riuscite a costituirsi al secondo o al terzo tentativo ma svolgono funzione sociale di famiglia. Per questo è stato irrimediabilmente sciocco e passatista contrapporre alla manifestazione di S. Giovanni la celebrazione del referendum sul divorzio. Infine era laica perché c’erano molti non credenti o credenti di diverse religioni che credono nel valore della famiglia e la scelta di Eugenia Roccella come portavoce dice pure qualcosa sullo spirito di questa nuova realtà che ha occupato la scena pubblica per un giorno ma è probabilmente destinata a fare ancora molto parlare di se.
Rocco Buttiglione