Anzitutto, Deo gratias.
Riporto qui un commento che ho lasciato sul blog di Paolo Rodari:
Se il Cammino Neocatecumenale corrispondesse davvero all’immagine che di esso si può evincere da numerosi siti internet e blog, non solo non avrebbe meritato l’approvazione dello Statuto, ma sarebbe incorso inevitabilmente in una o più pene canoniche.
Giacché però la realtà dei fatti è ben diversa da quella virtuale, la notizia di un suo definitivo inquadramento nella Catholica è senz’altro positiva.
Vorrei precisare, in relazione a questo, che il mio giudizio si basa su una conoscenza diretta di diverse realtà del Cammino (comunità, famiglie in missione, seminari, incontri internazionali) in diverse parti del mondo (ho in mente almeno sei diocesi in tre nazioni di due continenti diversi).
Accogliere con gioia e soddisfazione questa decisione della Santa Sede non significa ignorare la presenza di alcuni problemi nelle situazioni particolari; ma su questo si osservi quanto detto dal Santo Padre appena il 17 maggio scorso:
«Difficoltà o incomprensioni su questioni particolari non autorizzano alla chiusura. Il “molto amore” ispiri prudenza e pazienza. A noi Pastori è chiesto di accompagnare da vicino, con paterna sollecitudine, in modo cordiale e sapiente, i movimenti e le nuove comunità, perché possano generosamente mettere a servizio dell’utilità comune, in modo ordinato e fecondo, i tanti doni di cui sono portatori e che abbiamo imparato a conoscere e apprezzare»
Detto questo, mi si potrà obiettare sinteticamente: “nemo iudex in causa propria”. Effettivamente io faccio l’esperienza del Cammino da poco più di dieci anni. Ma se per quanto mi riguarda c’è la piena disponibilità a riconoscere questa ‘precomprensione’ che inevitabilmente condiziona il mio giudizio, mi pare evidente che anche altri dovrebbero riconoscersi ormai troppo emotivamente coinvolti per ergersi a giudici imparziali. Detto altrimenti: il mio giudizio può essere considerato ‘viziato’ per via dell’appartenenza; però il giudizio di troppi personaggi che circolano in rete e che ritengono di esprimersi obiettivamente è ‘viziato’ per via di una conoscenza (spesso mediata) di diversi fatti particolari elevati a sistema, che ha generato in loro un conseguente e comprensibile astio, il quale evidentemente non si addice a chi vorrebbe esprimere considerazioni spassionate.
Più in generale mi pare che tutto il discutere e il parlare in Internet in questi tempi sul Cammino sia stata l’ennesima riprova della distanza che separa la realtà virtuale da quella fattuale, e l’ulteriore conferma di quanto facile sia il passaggio da una libertà di parola e pubblicazione tanto sconfinata quanto effimera, a un’impossibilità di reale verifica delle notizie divulgate.